La scelta sostenibile di Trans Italia: semirimorchi rigenerati per abbattere la carbon footprint

In un’epoca segnata, oggi diremmo tragicamente, dal più sfrenato consumismo dove ogni oggetto, al primo segnale d’usura viene gettata per essere rimpiazzata da un altro, Trans Italia da tempo ha scelto di dire basta. Interrompere la catena dell’usa e getta è forse una delle più grandi sfide dell’Uomo di questo secolo, cercando di riparare e recuperare (secondo i concetti delle tre R, Riduci, Riutilizza e Ricicla) per cercare quanto meno di abbattere emissioni, produzione di rifiuti e quindi danneggiare l’ambiente e la salute dell’ecosistema della Terra. Iniziamo dal ridurre la nostra carbon footprint.

Cos’è la carbon footprint?

La carbon footprint (letteralmente, “impronta di carbonio”) è il parametro che, meglio di qualunque altra variabile, permette di determinare gli impatti ambientali che le attività di origine antropica hanno sul climate change e, quindi, sul surriscaldamento del pianeta.
Il dato permette infatti di stimare le emissioni in atmosfera di gas serra causate da un prodotto, da un servizio, da un’organizzazione, da un evento o da un individuo, espresse generalmente in tonnellate di  CO2 equivalente (ovvero prendendo come riferimento per tutti i gas serra l’effetto associato al principale di essi, il biossido di carbonio o anidride carbonica, calcolato pari ad 1), calcolate lungo l’intero ciclo di vita del sistema in analisi.

Salvaguardare il Pianeta partendo dalle piccole cose: rigenerare è la scelta di Trans Italia

Quando parliamo di “salvare il Pianeta” non vogliamo esagerare. La sostenibilità, quel parametro che ci permette di creare sviluppo e valore economico e allo stesso tempo non danneggiare ambiente e persone, rappresenta da sempre il filo conduttore delle azioni di business di Trans Italia.

E veniamo alla scelta. Al fine di ridurre la propria carbon footprint, l’azienda campana, leader in Europa nel settore intermodale dei trasporti, ha coniugato la scelta di trattori di ultima generazione – alimentati anche con biocarburanti – il che garantisce la miglior resa possibile in termini di emissioni secondo l’attuale stato dell’arte in campo motoristico – alle operazioni di rigenerazione dei semirimorchi di proprietà, anziché acquistarne di nuovi.

 

Quali sono i risultati di tale scelta compiuta da Trans Italia?

Nello specifico, il gruppo salernitano – lo scorso anno così come quest’anno – metterà a nuovo 150 trailer sia in officine interne che esterne convenzionate. La rigenerazione consiste nella sostituzione dei componenti maggiormente sottoposti ad usura come dischi e pastiglie dei freni, brake chamber, ammortizzatori, mozzi e cuscinetti, centina e teli, diapress (sospensioni) ed eventualmente tavole in legno ed impianto elettrico. Considerato che la produzione di un semirimorchio nuovo causa l’emissione in atmosfera di circa 18,6 tonnellate di CO2, mentre le operazioni di rigenerazione ne emettono circa 2,7 tonnellate, evitando l’acquisto di 150 unità nuove di fabbrica all’anno, si risparmiano circa 2400 tonnellate di CO2.

Ora, immaginiamo solo per un momento, che tutte le aziende proponessero un modello simile. Pensiamo al cambio di mentalità epocale, che si misura anche in questi gesti relativamente piccoli. Saremmo ancora qui a parlare di emergenza climatica?

Riflettiamo…